Quello che ci unisce
«Il modo in cui è strutturata una società ha conseguenze profonde per la vita delle persone e per l'architettura delle opportunità che offre loro. Determina non solo le condizioni materiali, ma anche il benessere, le relazioni e le prospettive di ogni individuo.» Ma quanto deve la società all'individuo e che cosa deve dare un individuo in cambio? In questa epoca di grandi trasformazioni, come adattare tali obblighi reciproci?
I profondi cambiamenti tecnologici, demografici e culturali intervenuti negli ultimi decenni, la crisi finanziaria del 2008, quella climatica e, infine, la pandemia mondiale, con il concomitante aggravarsi delle disuguaglianze e dell'insicurezza, hanno infatti rivelato quanto l'odierno contratto sociale - il complesso di politiche e norme che disciplinano il modo in cui viviamo insieme in una società - sia inadeguato.
Occorre, dunque, trovare un nuovo paradigma che riformuli radicalmente le modalità di cooperazione tra Stato e famiglie, tra uomini e donne, tra lavoratori e imprese, in tutti gli ambiti cruciali della vita dall'assistenza all'infanzia a quella agli anziani, dall'educazione nella primissima infanzia alla formazione dei giovani e all'apprendimento in età adulta, dalle esigenze di flessibilità e sicurezza nel mondo del lavoro alla promozione dell'occupazione femminile e della riqualificazione professionale, dall'assistenza sanitaria universale e gratuita alla previdenza sociale, dagli interventi sull'età pensionabile ai provvedimenti in materia di cambiamenti climatici e perdita di biodiversità. E, soprattutto, che riequilibri in modo più equo e responsabile la relazione con le giovani generazioni e con quelle a venire, per preservarne il futuro.
Alla luce della pluridecennale esperienza maturata in diverse istituzioni economiche internazionali, Minouche Shafik esamina le maggiori criticità degli attuali assetti sociali su scala globale e traccia il percorso verso un nuovo contratto sociale più generoso e inclusivo, aggiornato al XXI secolo, perché, come diceva Abraham Lincoln, «il miglior modo per predire il futuro è crearlo».